La cultura dell’integrazione per una realizzazione dei bisogni profondi delle persone

I SOGNI non sono certo facili da realizzare… 
…per alcuni possono essere un miraggio, per altri possono essere una meta. 
 E in ogni caso non si può vivere senza. 
Ma chi non si prefigge di realizzare un sogno è certo che non vivrà mai e non avrà niente da trasmettere ai propri figli.
Chi se lo prefigge, invece, è certo che cammina verso di esso. Quanti partono infatti, e abbandonano ogni cosa per un sogno?
Ed è meglio camminare anziché restare immobili.

 

Il ruggito del leone, il fragore dei marosi, lo stormire delle fronde, l’apparentemente silenzioso lento sgretolarsi del granito sagomato dal vento e dal sale. Ogni cosa parla. Il gesto di una mano, un sopracciglio alzato, un sorriso, una smorfia di dolore, un colore di capelli sgargiante o un vestito alla moda. Immagini, suoni, colori, ogni cosa parla e racconta un significato, una storia, una cultura, la mia, la tua, la nostra vita. La Bibbia dice che prima della famigerata torre di Babele gli esseri umani parlassero la stessa lingua. Oggi (forse) non parliamo più la stessa lingua neanche fra parenti, ma siamo sempre quegli stessi esseri umani.
È inutile parlare in questa sede di cosa significhi lasciare la propria terra, forse per sempre, per un sogno di vita migliore. I nostri nonni sono stati emigranti. La saggezza popolare avverte quanto sia difficile abbandonare una vecchia strada per una nuova e molti dovrebbero riflettere sulle volte che, nel proprio piccolo, la vita li ha posti in condizione di scegliere se cambiare qualcosa o meno. Ogni considerazione in proposito mi sembra superflua e banale. Dobbiamo prendere atto che la nostra vita oggi si svolge in un mondo diverso da quello a cui eravamo abituati fino a non molto tempo fa. L’attualità abbonda di notizie di cronaca relative alla difficoltà di dialogo tra esseri umani. E non parlo solo di immigrazione, parlo anche di mariti e mogli.
Voglio parlare solo del modesto contributo che questo progetto può portare per cercare di porre rimedio a quella difficoltà.
Proviamo a riflettere su quello che succede quando restiamo senza parole in una situazione di tensione. Avete mai pensato o detto frasi come “lui/lei non mi capisce”; “mi hai frainteso, non intendevo dire questo” e simili? Qualcuno avrà reagito male qualche volta, qualcun altro si sarà chiuso in se stesso o avrà cercato il conforto di chi capisce, in genere un genitore, un fratello, un amico. Ecco, ora immaginate di essere soli e di non avere nessuno a cui rivolgervi, come vi sentireste? Senza mezzi, in un luogo sconosciuto, senza possibilità di capire ed esser capiti. Non sto “giustificando” nessuno, ma solo illustrando alcune di quelle sensazioni che, per un insegnante di italiano per stranieri come me, si riassumono nel concetto di “filtro affettivo”, un muro psicologico che impedisce una corretta relazione con l’esterno. Questo muro, fondamentalmente, è di natura culturale, perché la cultura è quell’insieme di strumenti che ci consente di affrontare il mondo, e non si può svitare una vite con un martello, ci vuole il cacciavite.
Quando si insegna una lingua, non si dovrebbe insegnare soltanto la parola “cacciavite”, ma anche il suo uso e le sue diverse applicazioni, perché lo stesso cacciavite potrebbe non andar bene per tutte le viti. In breve, mi sembra sciocco proseguire e mi sembra fin troppo evidente, senza far trattati di sociologia, l’esigenza della mediazione, dell’integrazione attraverso l’insegnamento della lingua, il mezzo di comunicazione più immediato. Risulta evidente che la lingua è il mezzo fondamentale per un supporto psicologico e logistico adeguato ai diversi bisogni, esigenze, situazioni. Risulta evidente che un corso di lingua non debba più essere “soltanto” un corso di lingua, ma un vero corso di introduzione alla cultura italiana, comprese quelle nozioni di educazione civica che farebbero tanto bene anche a molti giovani e meno giovani italiani.
Questo progetto vuole perseguire lo scopo di promuovere una cultura dell’integrazione, volta alla realizzazione dei bisogni esistenziali profondi delle persone, una cultura attenta agli interessi collettivi e permeata di chiari intenti di solidarietà sociale. Ecco perché “generazione solidale”.
La finalità infatti non è solo la crescita economica del singolo e della società in cui vive, ma l’attenzione allo sviluppo dell’intero tessuto sociale nel suo insieme. Il progetto per questo propone di offrire un servizio a coloro che non riescano, da soli, a trovare nel nuovo territorio risposte appropriate ai propri eterogenei bisogni; accoglie e soddisfa le richieste di aiuto e il bisogno di entrare in contatto con un ambiente che includa e stimoli il desiderio di intraprendere una crescita personale. Speriamo di poter dare il nostro contributo.
di: Marco Martorana, membro del Direttivo Steadfast Onlus