Dal combattere l’ebola al donare se stesso e la sua professionalità ad una causa.

Testimonianza di Alessandro Mercuri, coordinatore progetto SoniAid Aprilia di Steadfast Onlus. Donare se stessi per una causa importante.

 Sono un infermiere professionale che lavora nel settore da circa venti anni. Da tredici anni in carica presso “l’IREES Lazzaro Spallanzani”. In continua lotta per debellare oltre a malattie infettive comuni anche l’ebola.

Faccio parte della Task Force che per più di una volta ha combattuto e combatte questo terribile virus.

All’inizio di quest’anno vengo contattato da una persona che opera da qualche tempo in una Organizzazione da lui fondata, la Steadfast Onlus.

Mi diede appuntamento e parlammo per circa tre ore su cosa si basava e qual era il compito da lui preposto. Emmanuele Di Leo, mi coinvolse chiedendomi all’inizio di parlare o meglio dare formazione, ad un gruppo di volontari, basandomi sulla mia esperienza con le persone anziane, essendo la mia competenza pregressa, basata anche sulla gestione di casi che coinvolgevano anziani e malattie degenerative. Mi chiese questo perché da poco la Steadfast era entrata a far parte di una struttura d’eccellenza come il San Michele Hospital di Aprilia, RSA, attivando il progetto SoniAid.

Accettai con qualche riserva, non solo perché al primo impatto mi blocca la mia timidezza, ma soprattutto non sapevo come orientare la formazione, basandomi sulla mia esperienza…

Andai ai primi due incontri e conobbi persone adulte e ragazzi che avevano voglia di ascoltare, imparare e confrontarsi con un mondo a loro quasi sconosciuto.

I primi incontri sono stati d’insegnamento per me e per loro, un momento di conoscenza reciproca. Il nostro progetto comune divenne come trovare il modo di comunicare con persone che hanno perduto il modo per farlo, come farsi capire e cercare di portare un aiuto e parole di conforto, difronte a malattie che fanno perdere il controllo della coscienza e del mondo reale.

Sembrava tutto così difficile, ma alla fine il primo impatto è stato molto bello ed entusiasmante. Eravamo tutti felici della nuova esperienza che stavamo per intraprendere.

Si aprono le porte in un nuovo mondo, dove tutti i nostri ospiti (così chiamiamo i degenti) hanno patologie diverse, ma che allo stesso modo vengono accomunate tutte.

I nostri cari uomini e donne, hanno il loro bagaglio culturale di una vita intera, esperienze diverse, che raccontate riempiono i nostri cuori di dolcezza e tenerezza. Molti di loro hanno perso la cognizione dello spazio-tempo e a volte, mentre tentano di raccontarti qualcosa, narrando di paure legate a periodi vissuti della loro vita, vedi nei loro occhi la disperazione.

Alcuni raccontano di essere stati lasciati lì dai loro cari e improvvisamente una lacrima solca il loro viso.

Alcuni di loro non riescono a camminare e magari con qualche gesto affettuoso una carezza, un bacio, un abbraccio, tenti di rubargli un sorriso.

Alcuni gridano, altri si dimenano e con un po’ di affetto si calmano, perché è il loro modo di comunicare.

La mia è una piacevole esperienza. Insegnare loro come comportarsi, ma anche allo stesso modo, comunicare con loro con gesti d’affetto e parole di conforto.

Quando il venerdì pomeriggio si arriva dai nostri ospiti, alcuni sorridono, altri sono entusiasti nel vederci e altri ancora ti “tirano le braccia” per attirare l’attenzione. Queste sono soddisfazioni che riempiono il cuore di gioia. Poter ricevere sensazioni che fanno bene al cuore e all’anima.

Basta un semplice gesto, una carezza, un abbraccio, una parola gentile per poter portare a queste persone un po’ di felicità, tranquillità e serenità.

Soffermarsi ad ascoltare i loro problemi e magari spendere due parole di conforto, li rende felici e allo stesso tempo ci si rende conto della loro fragilità, che per un no nulla, perdono la calma.

Per alcuni di loro basta poco per farli distrarre dalla loro piatta quotidianità, un giornale, i colori, disegni…

Essere volontario, ormai per me, è diventata una condivisione di emozioni. Aspettare il venerdì per poter stare un pomeriggio in loro compagnia, ascoltarli, farli passeggiare, tenerli sottobraccio, tenergli una mano, è diventato un momento essenziale della mia settimana.

Quando la sera si torna a casa, si esce con un sorriso e una gioia indescrivibile, perché i nostri cari amici, lasciano sempre un segno di affetto nel nostro cuore.

Per adesioni al progetto SoniAid di Steadfast Onlus scrivere a: info@steadfastfoundation.org o vedere il sito www.steadfastonlus.org

da: Notizie Provita