BIO-BUSINESS: MARKETING ILLEGALE

La legge 40/2004  sulla Fecondazione Artificiale, smontata in moltissime delle sue parti che tentavano di arginare pratiche che rendevano ancora più eticamente problematica la pratica stessa, su una cosa è ancora chiarissima: la “maternità surrogata” e la sua pubblicità sono vietate e punite severamente con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.

Naturalmente i tentativi di “smontare” anche questo aspetto stanno diventando sempre più pressanti: l’ultimo esempio è la campagna dei Radicali per legalizzare la “maternità solidale” insieme all’Ufficio Nuovi diritti della Cgil e alle Famiglie Arcobaleno.

Come sappiamo buona parte della battaglia contro il ddl Zan da parte delle associazioni di area femminista è incentrata su questo tema perché è chiaro, almeno a tutti quelli che hanno un minimo di capacità di guardare oltre l’immediato, che dopo la sua approvazione facilmente verranno denunciati come “discriminatori” verso le persone omosessuali certi divieti come l’accesso alla Fivet per donne sole o lo stesso divieto di surrogazione per le coppie di uomini.

Lo scandalo che vogliamo ancora una volta denunciare è l’aggiramento del divieto di fare pubblicità alla surrogazione che molte aziende con sede all’estero fanno attraverso siti targetizzati al pubblico italiano.

L’ultimo sito che ci è stato segnalato ha pagine e pagine di indicazioni su come i divieti nel nostro Paese possano essere aggirati sfruttando le pieghe della legislatura e, naturalmente, contando su sentenze di giudici che hanno avallato queste pratiche con l’ipocrita motivazione che il riconoscimento di una genitorialità legale fosse “nel miglior interesse del bambino”.

Naturalmente l’agenzia non ha sede in Italia ma in Spagna e pubblicizza servizi effettuati all’estero, in particolare in Ucraina, Grecia, Georgia, Albania, Russia e USA. Ma quello che è certo è che la pubblicità è svolta verso persone Italiane, con pagine in Italiano: ci saranno anche intermediari che operano nel nostro Paese?

Il sito si vanta di fornire bambini anche a coppie gay asserendo che i casi di surrogacy sono addirittura maggiori di quelli di adozioni internazionali (sempre per coppie gay, supponiamo).  I costi variano tra i 40.000 e i 120.000€ a seconda del Paese scelto, costi ovviamente che rendono il traffico di bambini non alla portata di tutti.

Ci domandiamo ancora una volta se questi siti che invadono i Social Media con le loro pubblicità sponsorizzate tra gli utenti Italiani non violino davvero le leggi del nostro Paese e se non sia possibile avviare inchieste giudiziarie su eventuali intermediatori italiani che si rendono complici sul nostro territorio di tali reati.

Il sito di cui parliamo oggi in particolare, inoltre, in un suo dossier specifica che tutto avviene nell’ambito della normativa europea e con soddisfazione dichiara di fare tutto alla luce del sole: ci domandiamo fino a quando l’Europa permetterà che sul suo territorio i bambini siano oggetto di scambi regolati da contratti commerciali e le donne usate come incubatori per persone ricche che decidono di procurarsi i figli in questo modo.

E fino a quando l’Italia continuerà a rendersi complice chiudendo spesso entrambi gli occhi e rendendo, tramite sentenze di tribunale che avallano certe scelte, di fatto legale ciò che sulla carta condanna e tollerando che agenzie che promuovono queste pratiche illegali agiscano nel nostro paese sfruttando il web come lasciapassare per incursioni in Italia.

 


 

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